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Nos Nouvelles
Climate Witness: Dan Cox, USA
Daniel J Cox’s annual trips to observe and photograph polar bears in the Canadian Arctic reveals that arctic ice is freezing for shorter periods each year; drastically shrinking the hunting season for polar bears.
Durante uno dei miei viaggi nell’artico, e in particolare a Churchill, nel Manitoba, dove mi ero recato per fotografare l’annuale raduno degli orsi polari, ho notato per la prima volta parecchi cambiamenti dovuti al riscaldamento globale. Viaggio in questa zona da circa vent’anni consecutivi, ormai. Mentre scrivo questa mia testimonianza, mi dirigo verso questa stessa cittadina sulle coste della Baia di Hudson, anche stavolta per osservare gli orsi.
Le mie prime osservazioni sui cambiamenti climatici si basano soprattutto sui miei viaggi al nord. Sono stato a Churchill per la prima volta nel 1988. Tutte le volte, durante il viaggio verso questa vivace comunità subartica, mi fermo sempre a Winnipeg. Al mio arrivo, nel 1988, l’aria era gelida e il tempo burrascoso. C’erano già tra i 30 e 60 cm di neve sul terreno, particolare ricordo molto bene a causa delle mie avventure notturne in cerca di un posto in cui mangiare. Le condizioni sono rimaste abbastanza stabili per i primi dieci, dodici anni. Ma adesso le cose sono cambiate. L’anno scorso c’era un sole splendente, non c’era traccia di neve, e non si può dire che le temperature fossero glaciali. Era una bellissima giornata autunnale.
Già dalla fine degli anni ’90, ho cominciato a rendermi conto di come le cose iniziavano a cambiare, ma è stato nel 2003 o nel 2004 che è diventato ovvio. Prima di tutto, c’è stato un cambiamento nelle date in cui ci si poteva recare a Cape Churchill per vedere gli orsi polari. Di solito le nostre escursioni cominciavano il 3 novembre, ma nel 2008 la data d’inizio è stata il 17 novembre. Inoltre, per raggiungere gli orsi polari con il nostro veicolo, la costa deve essere già completamente ghiacciata, permettendo il passaggio. Purtroppo, all’inizio di novembre il ghiaccio non è più abbastanza solido come in passato, per cui è impossibile raggiungere Cape Churchill.
Negli anni passati, al termine delle nostre escursioni a Cape Churchill, gli orsi se n’erano già andati. Il ghiaccio era molto solido, le temperature erano sotto i -18°C e la baia era quasi interamente coperta di ghiaccio. Nell’ultima stagione, invece, quando siamo partiti da Cape Churchill per il viaggio di ritorno, il 26 novembre 2008, gli orsi erano ancora lì, la baia in gran parte era ancora scoperta, e molte madri con i loro cuccioli sembravano stanche, affamate e ben più scarne di quanto le avessi mai viste.
Naturalmente, i cambiamenti di temperatura rendono il viaggio più confortevole, ma gli effetti sugli orsi polari che vado a fotografare sono devastanti. Di settimana in settimana, non riescono a spostarsi sul ghiaccio per cacciare, data la sua scarsa solidità: ciò si traduce in una minore quantità di grassi corporei e in un generale peggioramento delle loro condizioni di salute. Oggi, secondo le testimonianze e le osservazioni di alcuni scienziati, gli orsi polari nella Baia di Hudson occidentale stanno diventando più deboli e magri rispetto alla media. Se i trend continueranno ad andare in questa direzione, la popolazione degli orsi polari in questa zona potrebbe estinguersi, e nei prossimi 20-30 anni lo stesso potrebbe accadere nell’intera Baia di Hudson.
Il mio lavoro di fotoreporter mi dà l’opportunità di documentare i numerosi cambiamenti in corso nella zona dell’Artico. Il mio obiettivo è passare i prossimi anni a registrare questi cambiamenti e i relativi effetti che il riscaldamento climatico avrà sull’ambiente naturale, gli animali e le popolazioni dell’estremo nord. Questo lavoro sarà svolto in collaborazione con il progetto di tutela ambientale Polar Bears International. Troverete maggiori informazioni sull’organizzazione e sul duro lavoro che svolgeremo visitando il loro sito www.polarbearsinternational.org o il mio sito personale www.naturalexposures.com. Sono sicuro che il mio lavoro con la Polar Bear International incoraggerà la gente di tutto il mondo a cominciare a mettere in atto i cambiamenti necessari a bloccare le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Gli scienziati del PBI sono assolutamente certi che ci sia ancora tempo per cambiare l’esito del surriscaldamento del pianeta. La speranza è a portata di mano, basterebbe solo che, a livello individuale, ognuno facesse la sua parte. Come? Utilizzando meno elettricità, meno combustibili fossili, sprecando meno risorse e riciclando tutto il possibile. Un’economia verde a livello mondiale fornirebbe molte possibilità di lavoro, e allo stesso tempo ripulirebbe il pianeta. Io la penso così. La maggior parte di noi ha una polizza assicurativa quasi per ogni cosa. Assicurazione sulla vita, sull’auto, sulla casa, sulla salute e su tantissime altre cose. E allora, perché non stipulare una polizza anche sulla nostra madre terra? Cosa avremmo da perdere? Potremmo avere acque più pulite, un’aria più respirabile, una pioggia più pura e una migliore qualità della vita. Sono questi cambiamenti, insieme all’incoraggiamento, da parte dei governi, di nuove tecnologie ecologiche, la chiave per un’esistenza sostenibile sul nostro meraviglioso pianeta. Abbiamo poco tempo per rendere effettivo il nostro contributo. Ma se non lo facciamo, i risultati della nostra inattività potranno solo essere catastrofici per la specie un tempo conosciuta come homo-sapiens.
Analisi Scientifica
Autore: Dottor Henry Huntington, Ricercatore Indipendente, Stati Uniti.La descrizione dei cambiamenti nella zona di Churchill, sia riguardo al clima che agli orsi polari, fornitaci da Dan, rispecchia le osservazioni scientifiche dell’area e le previsioni basate sul cambiamento climatico nell’intera regione. La Baia di Hudson meridionale è per certi aspetti un habitat marginale per gli orsi polari, trovandosi all’estremità sud del loro ambiente, in una zona in cui il ghiaccio diventa sempre meno affidabile e regolare, sia dal punto di vista della solidità che delle tempistiche.
Alcuni di questi fenomeni stanno diventando sempre più comuni nel nord dell’Alaska. George Divoky, che da qualche decennio studia le urie su Cooper Island, vicino a Barrow, in Alaska, ha notato un numero sempre crescente di orsi polari sulla terraferma, tanto che il suo gruppo non è neppure riuscito a svolgere le consuete ricerche sul campo. In Alaska, così come nella Baia di Hudson, le condizioni del ghiaccio hanno subito un drastico mutamento, arrivando addirittura a ridurre gli habitat preferiti dagli orsi e costringendoli ad adottare nuovi comportamenti e trascorrere più tempo sulla terraferma.
Ed è tristemente chiaro cosa potrebbe significare per il futuro degli orsi. Potrebbero anche riuscire ad adattarsi, in qualche modo: ad esempio, imparando ad andare in cerca di cibo o a cacciare sulla terraferma durante l’estate. Alcuni orsi polari hanno già cominciato ad interagire con gli orsi bruni. È ancora troppo presto per capire se questa tendenza diventerà comune, ma certamente se gli orsi polari rimarranno sempre più spesso sulla terraferma, incontreranno un maggior numero di orsi bruni. Resta da vedere come riusciranno ad adattarsi.
In ogni caso, mi fa piacere sentire che Dan rimane ottimista riguardo al futuro degli orsi polari. Sono il simbolo dell’Artico, della natura incontaminata, e ci arricchiscono la vita. Come dice Dan, c’è ancora tempo, ma solo se avremo la forza di agire il più presto possibile.
Riferimenti: “Ecological Applications”: le implicazioni del cambiamento climatico per i mammiferi marini dell’Artico. Questa raccolta di studi colloca le osservazioni di Dan in un contesto più ampio, nonostante sia fondamentale notare che le proiezioni sul clima siano ormai datate. L’effettivo declino del ghiaccio marino è di gran lunga più rapido di quanto fosse stato previsto, e di conseguenza, il problema diventa più urgente.
Tutti gli articoli sono soggetti ad analisi scientifica da parte di uno dei membri del Climate Witness Science Advisory Panel.